La Cina va controcorrente rispetto alle Borse mondiali, e rispolvera il margin trading e le vendite allo scoperto per cercare di rianimare il listino di Shanghai in caduta libera. Ma le nuove misure non bastano a sostenere il mercato azionario del Dragone, che ieri si è allineato al tracollo delle piazze asiatiche lasciando sul terreno il 5,2 per cento.
Domenica sera, con un comunicato, la China Securities Regulatory Commission ha annunciato l'introduzione di due strumenti finanziari tanto cari agli speculatori a ogni latitudine del pianeta: le vendite di azioni allo scoperto, e l'acquisto di titoli in Borsa mediante prestiti erogati dalle stesse case di brokeraggio a fronte di azioni date in garanzia. Inoltre, sempre con l'obiettivo di stimolare il mercato dei capitali domestico, Pechino ha cancellato il divieto di emettere titoli commerciali a medio termine imposto tre mesi fa alle società cinesi.
La Csrc non ha precisato quando entrerà in vigore la riforma, che ha già avuto il semaforo rosso dal Governo. L'autorità di controllo pechinese si è limitata a comunicare che, nella prima fase, le nuove regole saranno applicate in via sperimentale. In sostanza, all'inizio solo un numero limitato di securities (gli agenti di cambio autorizzati a negoziare azioni in Borsa per conto della clientela) potrà prestare quattrini a margine agli investitori e lasciarli vendere titoli allo scoperto.
Secondo gli operatori, la riforma dovrebbe entrare in vigore in tempi piuttosto rapidi. D'altronde, la nota diffusa nel fine settimana dalla Csrc parla chiaro: «Il varo delle nuove misure è un passo importante per la riforma e lo sviluppo del mercato dei capitali, e servirà a iniettare nuova vitalità in Borsa», dice Pechino per motivare il provvedimento. Con un mercato che, stritolato nella morsa tra bolla speculativa domestica e crisi finanziaria internazionale, continua a scendere dai massimi dell'autunno 2007 (da allora l'indice di Shanghai ha perso circa due terzi del suo valore, mandando in fumo oltre 1.700 miliardi di dollari di capitalizzazione), non potrebbe esserci momento più propizio per varare delle misure di sostegno al listino.
Misure che, peraltro, la Cina aveva allo studio da tempo. Tre anni fa, per tentare di ridare slancio alla Borsa Rossa in crisi di fiducia prolungata dallo scoppio della prima bolla speculativa avvenuto nel 2001, Pechino aveva già iniziato a valutare un pacchetto di riforme. Tra i provvedimenti allo studio figuravano anche l'introduzione delle vendite allo scoperto e degli acquisti a margine. Ma poi l'indice di Shanghai ha iniziato a galoppare, e così la Csrc ha accantonato il progetto. Che ora, sotto i micidiali colpi dell'Orso, è tornato d'attualità.
Resta da vedere quali saranno i risultati. Da mesi, ormai, gli investitori del Dragone hanno il morale sotto le scarpe perché i loro conti azionari sono prosciugati. Molti hanno perso addirittura tutto quello che avevano. Come dimostra la performance negativa messa a segno ieri da Shanghai, vista l'aria che tira sui mercati internazionali e sulla congiuntura mondiale, probabilmente per spingere il Toro a rientrare nell'arena della Borsa Rossa servirà molto di più di una semplice riforma.
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